Rapimento di Eitan, il passato criminale del secondo marito della nonna: droga e traffico di esseri umani
Chaim Kammerer (da Facebook)

Si chiama Chaim Kammerer ed ha spostato in seconde nozze Esther Cohen, che oggi è indagata per complicità (con l’ex marito Shmuel Peleg) nel sequestro e nell’espatrio di Eitan Biran, unico sopravvissuto al Mottaronenull

Un passato criminale di tutto rispetto: il «curriculum» del secondo marito di Esther Cohen detta Etty, la nonna materna di Eitan Biran, aggiunge l’ennesimo colpo di scena a una vicenda che è apparsa assurda sin dal principio. Dunque, per riassumere: Shmuel Peleg, il nonno con una condanna per maltrattamenti familiari (da cui il divorzio dalla consorte e madre della sue figlie) rapisce il piccolo Eitan, il nipote scampato al disastro del Mottarone, per «sottrarlo» all’influenza a suo dire negativa della zia paterna. Ma chiarisce: non è un rapimento, lo abbiamo riportato a casa, dove potrà crescere finalmente sereno. Già, ma con chi? Shmuel nel frattempo è finito ai domiciliari, mentre la sua ex moglie, nonna Etty appunto, d’accordo con lui in ogni aspetto dell’operazione, è indagata in Italia per complicità nel sequestro ed espatrio clandestino di un minore (il nipote) reato grave, tanto che è stato articolato in una convenzione internazionale (dell’Aja) firmata nel 1991 anche da Israele.

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Come se non bastasse emerge ora — ma possibile che i protagonisti di questo tristissimo caso non l’avessero messo in conto? — che Chaim Kammerer, secondo marito di Etty, ha trascorso negli Stati Uniti, il suo Paese di nascita, oltre sedici anni in prigione per numerosi e ripetuti reati che vanno dallo spaccio di droga all’aggressione a mano armata. «Il suo vero nome non è Chaim — ci dice Or Nirko, lo zio paterno di Eitan —. Lui si chiama in realtà Christopher». Un nome cambiato per (forse) annebbiare i trascorsi da pregiudicato e rifarsi una vita in Israele? 

Le condanne

In ogni caso, basta fare un giro sui social per trovare post molto esplicativi scritti da «Chaim» in persona. Come quello pubblicato l’11 aprile di un anno fa insieme a delle immagini di piante di marijuana, le sue: «La mia coltivazione… in genere dalle 5 alle 10 piante di sativa (una varietà di cannabis, ndr) alte fino a due metri. E io non fumo nemmeno la marijuana. In genere la smercio o la regalo. Quando è diventato legale coltivarla ho smesso, perché non mi divertivo più». Se poi si vanno a esaminare i trascorsi legali (in America sono pubblici e possono essere consultati online), si scopre che Christopher — criminale dai molteplici alias— tra il 1988 e il 1999 ha rimediato diverse condanne: per droga, traffico di esseri umani e «aggressione con arma letale non da fuoco», per un totale di 16 anni e 4 mesi. 

I giudici

Immaginiamo pure che abbia cambiato strada, a un certo punto della sua vita. Di più: diamo per scontato che incontrando Esther Cohen abbia deciso di diventare un cittadino modello. Resta comunque da capire su che basi i due nonni di Eitan abbiano presentato la propria candidatura per l’affido di un nipote la cui unica speranza per riagguantare un briciolo di normalità è nell’assenza rigorosa di ulteriori traumi e situazioni familiari incerte. Cosa diranno i giudici israeliani, meglio una vita in una piccola città italiana con gli zii (incensurati e entrambi con un lavoro stabile) che lo hanno visto crescere, o con una famiglia lacerata, polemica, capace di gesti inconsulti e con trascorsi legali da dimenticare?