Ciro  Grillo e i 3 amici a processo per violenza sessuale scelgono il rito ordinario

Due di loro avrebbero voluto il procedimento abbreviato che in caso di condanna garantisce uno sconto di pena: ora rischiano fino a 12 anni. La decisione sofferta dopo una riunione fiume con avvocati e genitori

La decisione arriva a sorpresa, dopo una riunione fiume molto tesa e a tratti drammatica. I quattro ragazzi del caso Grillo non sceglieranno il rito abbreviato per il processo in cui sono imputati a Tempio Pausania. Sarà rito ordinario per tutti e, in caso di condanna quindi, nessuno sconto di pena di un terzo, come prevede il rito abbreviato.

Una conclusione quanto mai sofferta, perché non è il frutto di una scelta condivisa fino in fondo da tutti e quattro. Due di loro avrebbero infatti voluto l’abbreviato, gli altri due no. Ma, al di là delle divisioni, alla fine ha prevalso la necessità di rimanere uniti, con tutti i rischi che questo comporta in termini di pena se dovessero essere condannati.

Stiamo parlando di Ciro Grillo (il figlio di Beppe, garante di Cinquestelle) e dei suoi amici Vittorio Lauria, Edoardo Capitta e Francesco Corsiglia. Stiamo parlando dell’accusa (per tutti) di violenza sessuale di gruppo per fatti avvenuti la mattina del 17 luglio 2019 in Sardegna, a casa di Ciro Grillo. All’epoca erano tutti 19enni, proprio come Silvia, la ragazza italo-norvegese che li ha denunciati facendo partire l’inchiesta. Assieme a lei, in quella casa, c’era anche la sua amica Roberta, che dormiva sul divano e che non si è accorta né del video né delle fotografie fatti dagli stessi ragazzi e che li mostrano in atteggiamenti osceni accanto a lei addormentata.

Dopo il rumore assordante che su questa inchiesta era arrivato dal video di Beppe Grillo in difesa del figlio e dopo mesi in primo piano giudiziario e politico, il procuratore Gregorio Capasso e la sua sostituta Laura Bassani avevano chiuso le indagini chiedendo il rinvio a giudizio dei ragazzi. Davanti al giudice dell’udienza preliminare Caterina Interlandi si era deciso una data — il 20 ottobre — entro la quale le parti avrebbero indicato se preferire o no un rito alternativo o uno ordinario e avrebbero anche segnalato l’elenco dei documenti (nella marea delle carte processuali) sui quali concentrarsi.

Ieri, quindi, era il giorno dell’impegno (non vincolante) davanti al giudice. E dopo mesi di tentennamenti, scelte non condivise e messa a punto della strategia processuale, ieri la decisione finale. Fra dramma e tensione, appunto, tanto che gli avvocati si sono detti che avrebbe fatto bene a tutti dormirci su un’altra notte e poi comunicare al giudice la scelta. Cosa che avrebbe dovuto avvenire stamattina ma la dottoressa Interlandi non era in tribunale e probabilmente saprà tutto formalmente lunedì mattina.

Quindi c’è una residua piccolissima probabilità che da qui a lunedì si capovolga tutto. Ma la riunione fiume di ieri va nella direzione del processo ordinario. I legali hanno voluto la presenza anche dei genitori degli imputati, perché fossero tutti consapevoli delle possibilità che questo processo può riservare se si dovesse arrivare a una condanna. Si va da un minimo di sei anni a un massimo di 12perché i fatti contestati sono avvenuti pochi giorni prima dell’entrata in vigore del codice rosso.

Con le nuove norme gli anni sarebbero stati minimo 8 e massimo 14. Sarebbero stati più decisi a chiedere il rito abbreviato Edorardo Capitta (difeso da Ernesto Monteverde e Mariano Mameli) e Vittorio Lauria (avvocato Alessandro Vaccaro). Più convinti del rito ordinario, invece, Ciro Grillo (che è difeso dal cugino Enrico Grillo e da Andrea Vernazza) e Francesco Corsiglia (avvocati Romano Raimondo e Gennaro Velle). Da loro per ora nessun commento.