MONTICHIARI – La pistola fumante è una fotografia scattata da un infermiere e consegnata ai carabinieri del Nas: è la mattina del 23 marzo 2020. Il giorno successivo alla morte di uno dei pazienti, l’80enne Angelo Paletti ricoverato in pronto soccorso alle 20.41 e deceduto due ore dopo. Nel cestino dei rifiuti taglienti della sala emergenze ci sono tre fiale di vetro vuote: due di Midarine e una di Propofol. Gli involucri “parlano”: la prova che quei farmaci sono state somministrati da poche ore è che il cestino era stato già svuotato. Il contenuto delle fiale è nelle vene di Paletti e, stando alle accuse dei magistrati, è quel “veleno” ad avere ucciso lui e almeno un altro paziente: entrambi malati di Covid 19.

Si tratta rispettivamente di un potente anestetico (Midarie, ovvero Succinilcolina) e di un bloccante neuromuscolare (il Propofol, noto anche per aver causato la morte di Michael Jackson). Due farmaci usati in anestesia ma che, in assenza di intubazione del paziente, possono avere conseguenze letali e rapidissime. È per questo che Carlo Mosca, 48 anni, primario del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari, arrestato ieri con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato e falso ideologico delle cartelle cliniche, li avrebbe usati: per «uccidere pazienti Covid ricoverati in reparto»; pazienti di cui — secondo l’accusa — il medico «ha alterato i dati clinici per fare apparire il malato come terminale e dunque non destare sospetti», in merito alla morte repentina. Insomma: farmaci utilizzati ma come veri e propri «preparati letali».

Tutto parte dalla denuncia di un infermiere: il 23 aprile 2020 mette per scritto quello che, lui ed altri colleghi, hanno visto accadere a marzo nel pronto soccorso di Montichiari. Nell’esposto l’accusato è il primario, Mosca. Che avrebbe fatto un uso «spregiudicato» di due farmaci considerati «incompatibili con la vita» se somministrati a pazienti Covid «non sottoposti a intubazione tracheale». Il periodo delle morti quello infernale durante il quale l’epidemia coronavirus picchia duro in Lombardia mietendo contagi e morti soprattutto nelle provincie di Bergamo e Brescia. E dunque: Angelo Paletti, 80 anni, e Natale Bassi, 61, quest’ultimo diabetico e cardiopatico. Bassi muore il 20 marzo; Paletti due giorni dopo. Le voci in corsia corrono, le chat via WhatsApp anche ma per un mese in ospedale nessuno fiata: né con la direzione sanitaria né con i carabinieri. Il 23 l’infermiere racconta tutto al Nas. Iniziano le indagini. Quattro le morti ingrandite dalla lente degli investigatori (avvenute tra il 20 e il 23 marzo). A maggio vengono riesumate tre salme (una quarta era stata cremata come moltissimi morti Covid).

Otto mesi dopo le accuse contro Stefano Mosca sono contenute nelle 52 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare con cui il gip Angela Corvi — sulla base delle indagini del pm Federica Ceschi — ha disposto l’arresto del primario. Che da quest’estate, appena appreso di essere indagato, ha tentato di deviare le indagini cercando anche di «concordare una versione di comodo della vicenda» con alcuni infermieri «istigandoli a dichiarare il falso». Nelle conversazioni su WhatsApp gli infermieri si sfogano: «Anche a voi ha chiesto di somministrare i farmaci senza intubarli?. Io non ci sto a uccidere questi solo perché vuole liberare i posti letto». «Sono d’accordo con te, questo è pazzo».

Dalla ricostruzione degli inquirenti emergono aspetti inquietanti. Primo. Quando decide di somministrare i farmaci letali ai pazienti, Mosca fa uscire dalla sala emergenza gli infermieri e il personale ospedaliero. Vuole restare solo con il paziente. L’esatto contrario di quanto fa normalmente un medico quando tratta malati critici. «Non mi è mai capitata una cosa del genere», dice un’infermiera. Secondo elemento. Nel semestre novembre 2019-aprile 2020 nella farmacia del pronto soccorso dell’ospedale c’è un aumento del 70% degli ordinativi di Propofol e Midarine. A fronte di sole cinque operazioni di intubazione. È il «trattamento Mosca», come viene definito nell’ordinanza. Attraverso i suoi avvocati — Michele Bontempi e Elena Frigo — l’arrestato fa sapere di «non avere mai somministrato i farmaci di cui si parla». Ma nelle carte dei pm è contenuta quella che viene definita un’«ammissione stragiudiziale». Parlando con un collega, Mosca ammette di averli usati.